Focus – temi di particolare interesse

COLLABORATORI SPORTIVI. DIRITTO ALL’INDENNITA’ 600 Euro. MODALITA’

È stato emanato il Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro per le Politiche giovanili e lo Sport, sulla base del quale sono definite le modalità di presentazione delle domande a Sport e Salute per ricevere l’indennità di 600 euro prevista dal Decreto Legge “Cura Italia” per il mese di marzo 2020 a favore dei collaboratori sportivi (art. 96, decreto-legge 17 marzo 2020, n.18).

Possono richiedere l’indennità i titolari di rapporti di collaborazione, già in essere alla data del 23 febbraio 2020 e ancora pendenti al 17 marzo 2020, data di entrata in vigore del Decreto Legge “Cura Italia”. È inoltre espressamente prevista una priorità per i collaboratori sportivi che nel periodo d’imposta 2019 non abbiano percepito compensi superiori a 10.000 euro complessivi.

Possono accedere all’indennità i lavoratori titolari di un rapporto di collaborazione ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera m), del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, che possiedano i seguenti requisiti:

  1. non devono rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 27 del Decreto Legge “Cura Italia”;
  2. non devono aver percepito altro reddito da lavoro per il mese di marzo 2020;
  3. non devono aver percepito, nel mese di marzo 2020, il Reddito di Cittadinanza;
  4. non possono cumulare l’indennità con le altre prestazioni e indennità di cui agli articoli 19, 20, 21, 22, 27, 28, 29, 30, 38 e 44 del Decreto Legge “Cura Italia”.

Il rapporto di collaborazione per cui si presenterà la domanda:

  1. deve essere con Federazioni Sportive Nazionali, Enti di Promozione Sportiva, Discipline Sportive Associate nonché con Società e Associazioni Sportive Dilettantistiche; si sottolinea che le Società e Associazioni Sportive Dilettantistiche devono essere iscritte, alla data di entrata in vigore del Decreto Legge “Cura Italia”, nel Registro delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche tenuto dal CONI e che gli Organismi Sportivi devono essere riconosciuti, ai fini sportivi, dal CONI;
  2. doveva esistere già alla data del 23 febbraio 2020 ed essere in corso alla data del 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore del Decreto Legge “Cura Italia”);
  3. non deve rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 27 del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 (liberi professionisti titolari di Partita Iva attiva alla data del 23 febbraio 2020 e lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa attivi alla medesima data, iscritti alla Gestione Separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335). 

La domanda dovrà essere compilata esclusivamente attraverso la piattaforma informatica che sarà attiva dalle ore 14:00 di martedì 7 aprile sul sito di Sport e Salute.

Per approfondimenti si rimanda al sito www.sportesalute.eu

MEDICI E INFERMIERI DECEDUTI. IPOTESI DI ESTENSIONE DEI SUSSIDI ECONOMICI AI FAMILIARI DEI DIPENDENTI DECEDUTI O RIMASTI INVALIDI NELL’ESPLETAMENTO DEL SERVIZIO.

I numerosi medici e operatori sanitati deceduti in questi giorni ha fatto aprire l’ipotesi di ricomprendere gli stessi nei benefici derivanti dall’attività solidaristica appositamente dedicata agli operatori di polizia e ai dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subìto un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto.

Nel sito del Ministero dell’Interno nella sezione “vittime del dovere” viene espressamente detto: <<Un’attività solidaristica è dedicata agli operatori di polizia e altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subìto un’invalidità permanente in attività di servizio, o nell’espletamento delle funzioni di istituto, per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi: nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; in operazioni di soccorso; in attività di tutela della pubblica incolumità; in attività di prevenzione e di repressione dei reati. Sono considerati vittime del dovere anche coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali o operative. Il ministero dell’Interno provvede al riconoscimento dello status di vittima del dovere per gli appartenenti alla Polizia di Stato, all’Arma dei Carabinieri, alla Guardia di Finanza, al Corpo Forestale dello Stato, alla Polizia Penitenziaria, alle Polizie Municipali e per gli appartenenti al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e stila la graduatoria delle vittime del dovere. Il dipartimento della Pubblica Sicurezza sostiene con sussidi economici i familiari dei dipendenti deceduti o feriti nell’espletamento del servizio>>.

L’Associazione DDT CORONAVIRUS nell’aver approfondito la specifica tematica resta a disposizione per offrire il proprio contributo nella ricostruzione della normativa di riferimento affinché possa  essere assicurata effettiva e concreta tutela.

SANZIONE AMMINISTRATIVA PER IL MANCATO RISPETTO DELLE MISURE DI CONTENIMENTO

Con il D.L. n. 19 del 25 marzo 2020 (misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19) è stato espressamente previsto che il mancato rispetto delle misure di contenimento ivi previste (tra cui le limitazioni agli spostamenti) è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale (violazione di provvedimento dell’Autorità). E’, poi, stato previsto che il mancato rispetto delle misure previste nel Decreto avviene mediante l’utilizzo di un veicolo le sanzioni sono aumentate fino a un terzo. Viene, quindi, modificato l’impianto dell’effetto deterrente di cui al precedente Decreto e, di fatto, alleggerito il carico delle denunce penali ad oggi formalizzate presso le Procure delle Repubbliche inondate da circa 90mila denunce per violazione dell’art. 650 c.p. (inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità).

DANNI DA INTOSSICAZIONE

E’ stato lanciato l’allarme del rischio da intossicazione con riferimento a prodotti disinfettanti il cui utilizzo è cresciuto vertiginosamente a seguito dell’emergenza coronavirus. Molti, stando in casa, seguendo “consigli” o tutorial on line preparano delle vere e proprie miscele di sostanze chimiche intossicanti senza rendersi conto del pericolo al quale vanno incontro esponendo anche i componenti della famiglia. Spesso, poi, vengono utilizzati contenitori non etichettati, o ancor peggio, contenitori di uso comune (bottiglie di acqua ecc.) con il conseguente rischio che le sostanze possono essere, specie dai più piccoli, inavvertitamente ingerite. Massima attenzione. Sussiste la responsabilità di quanti, soprattutto i genitori, concorrono a creare situazione di pericolo anche con riferimento a queste particolari situazioni generate indirettamente dal coronavirus.

RIMBORSO ACQUISTO DI BIGLIETTI PER SPETTACOLI, MUSEI E ALTRI LUOGHI DELLA CULTURA (termine di 30 giorni dal 17 marzo 2020 per presentare l’istanza)

A seguito dell’adozione delle misure di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e d) del decreto del Presidente del Consiglio 8 marzo 2020 (sospensione delle manifestazioni, eventi, spettacoli,  ivi compresi quelli cinematografici e teatrali, apertura dei musei ecc.) e a decorrere dalla data di adozione del medesimo decreto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1463 del codice civile, ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in relazione ai contratti di acquisito di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, e di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura. I soggetti acquirenti dovranno presentare, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 (entrata in vigore coincide dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale avvenuta in pari data 17 marzo 2020), apposita istanza di rimborso al venditore, allegando il relativo titolo di acquisito. Il venditore, entro trenta giorni dalla presentazione della istanza di cui al primo periodo, provvede all’emissione di un voucher di pari importo al titolo di acquisito, da utilizzare entro un anno dall’emissione. Questo è quanto prevede l’art. 88 de D.L. n. 18 del 17 marzo 2020.

E-LEARNING E TUTELA DELLA PRIVACY

Video streaming e video conferenza hanno registrato, nel tempo di emergenza da coronavirus, una notevole impennata in considerazione del fatto che le istituzioni scolastiche e universitarie hanno dovuto sopperire alla chiusura delle scuole con modalità di insegnamento a distanza. Si è posto, da più parti, la necessità di regolamentare l’e-learning soprattutto con riferimento alle problematiche in tema di Privacy. Sulla specifica questione è intervenuto il Garante della Privacy che ha precisato, in ordine ad una possibile regolamentazione: “Mi pare una scelta ragionevole, che naturalmente deve però accompagnarsi alle cautele necessarie che le piattaforme su cui svolge l’attività didattica, in primo luogo, devono osservare, dal momento che con l’e-learning divengono l’archivio in cui sono immagazzinati dati personali, spesso anche assai delicati, di studenti per la maggior parte minorenni. Di tutte le preoccupazioni di questo periodo, comunque, questa non è la maggiore, anche considerando gli sforzi profusi dal personale scolastico per far fronte all’emergenza senza interrompere l’attività formativa”.

L’Associazione DDT CORONAVIRUS sta monitorando la specifica problematica ed è in grado di offrire il proprio contributo anche nello specifico settore della privacy collegata all’e-learning.

LA RESPONSABILITA’ DEL PROFESSIONISTA (MEDICO E SANITARIO) CHE OPERA IN SITUAZIONE DI EMERGENZA

La vicenda del coronavirus ha sovraccaricato le strutture sanitarie in termini di numero di prestazioni che vengono giornalmente ed ininterrottamente richieste. Difficoltà logistiche, turni senza soluzione di continuità, scarsità di dotazioni mediche e paramediche e, in genere, gravità della situazione, dovranno sicuramente essere oggetto di attenta valutazione. Viene ipotizzato uno “stop” alle cause ai medici e agli operatori sanitari impegnati a fronteggiare l’emergenza coronavirus. Risulta, infatti, presentato un emendamento al decreto c.d. “Cura Italia” volto ad inserire una sorta di ombrello protettivo ai professionisti sanitari che sono stati impegnati nel corso dell’emergenza coronavirus. Si sono registrate anche speculazioni da parte di legali per l’accaparramento di clientela per la promozione di cause contro i medici e gli operatori sanitari ossia nei confronti di coloro che sono stati in prima fila per arginare e combattere il fenomeno tanto da registrare anche una ferma reazione della Federazione Nazionale dei medici.

L’Associazione DDT CORONAVIRUS sta rivolgendo particolare attenzione a tutte situazioni che potrebbero originarsi, in questo momento di emergenza, sui luoghi di lavoro, in particolare nel comparto sanitario, là dove, in termini di responsabilità, non potrà non tenersi conto delle particolari modalità di svolgimento della prestazione che dovrebbero profilare l’esclusione della responsabilità di chi ha operato in situazione di emergenza.

LA DICHIARAZIONE DI PANDEMIA, LA “CAUSA DI FORZA MAGGIORE” E L’ECCESSIVA ONEROSITA’ SOPRAVVENUTA.

L’Organizzazione Mondiale di Sanità in data 11 marzo 2020 ha dichiarato che il coronavirus può essere caratterizzato come una “pandemia”. La dichiarazione di “pandemia” può determinare importanti conseguenze legali in relazione ai rapporti contrattuali dal momento che, in numerose fattispecie, potrebbe essere invocata la c.d. “forza maggiore”. La “forza maggiore” è una delle cause di esonero di responsabilità rispetto ad obblighi contrattualmente assunti e può dar luogo alla risoluzione del contratto. Nel codice civile ci sono alcuni articoli che fanno riferimento alla “forza maggiore” pur non dandone una definizione: così l’art. 1218 c.c. sulla responsabilità del debitore (<<chi deve eseguire una prestazione o un pagamento non è responsabile in caso di inadempimento o di ritardo, né deve pagare il risarcimento, se ciò è dovuto a causa a lui non imputabile come appunto la forza maggiore>>). L’evento coronavirus potrebbe essere, poi, inquadrato come evento straordinario e imprevedibile e potrebbe dar luogo, quindi, ai sensi dell’art. 1467 c.c. <<nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili>> alla <<risoluzione del contratto con gli effetti stabiliti dall’art. 1458>>.  E’ necessario, per sollevare il contraente inadempiente, da responsabilità che lo stesso sia estraneo all’evento straordinario che ha generato l’inadempimento.

L’Associazione DDT CORONAVIRUS resta a disposizione per offrire un primo screening in merito alla situazione concreta. Ogni situazione potrebbe essere differente da altre. Tra l’altro è necessario verificare come la normativa d’urgenza, che il Governo sta mettendo a punto, possa impattare sulle singole fattispecie offrendo specifici strumenti di tutela.

CORONAVIRUS E MALATTIA PROFESSIONALE PER I MEDICI, PER I LAVORATORI DELLA SANITA’ E PER I SOGGETTI CHE SVOLGONO SERVIZI PUBBLICI.

Prime iniziative per la valutazione del possibile riconoscimento della malattia professionale per gli operatori sanitari, ma anche per coloro che svolgono servizi pubblici, infetti dal coronavirus. Il perimetro professionale di riferimento potrebbe riguardare non solo i dipendenti del SSN (Servizio Sanitario Nazionale) ma anche tutti i medici convenzionati (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, medici di continuità assistenziale) e tutti coloro che svolgono servizi pubblici. Il contagio da coronavirus contratto in occasione delle prestazioni mediche o del servizio pubblico, quindi collegato all’attività lavorativa, dovrebbe portare il riconoscimento della malattia professionale da parte dell’INAIL. E’ necessario dimostrare il nesso di causalità tra l’attività lavorativa e il contagio; la malattia derivante da contagio coronavirus non è attualmente compresa nelle tabelle delle malattie professionali INAIL (non vi è, quindi, presunzione normativa, circa il fatto che la malattia è causata dalla mansione).

Quanto all’assenza dal lavoro si segnala: <<Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS – CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunio con la conseguente astensione dal lavoro>> (art. 42, D.L. 18 del 16.03.2020). Le indennità (art. 44, D.L. citato) da riconoscere ai lavoratori dipendenti e autonomi che in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro, andrà a valere su di un apposito Fondo (Fondo per il reddito di ultima istanza).

I RIDER, GLI ADDETTI ALLE CONSEGNE E ALLE CASSE: LAVORATORI PARTICOLARMENTE “A RISCHIO”

Le restrizioni contenute nell’ultimo decreto governativo, che hanno riguardato la libertà di movimento dei cittadini hanno comportato la prosecuzione di attività lavorativa per la categoria dei rider ai quali si sono rivolti molti persone per ottenere a domicilio i beni di necessità. Nella stessa situazione si trovano gli addetti alle consegne e quelli addetti alle casse. Queste categorie di lavoratori sono particolarmente esposti al rischio contagio in considerazione dei numerosi contatti che possono avere nello svolgimento dell’attività.

Consta che molti di essi stanno adottando una serie di precauzioni volte ad assicurare il minor contatto con la clientela. Per un corretto svolgimento dell’attività, là dove si prevede il contatto personale, è necessaria l’adozione di specifici dispositivi di sicurezza (mascherine, guanti ecc.).

DAL PRIMO DISPACCIO DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’ ALLA DICHIARAZIONE DI “PANDEMIA”

L’anno 2020 è iniziato con una notizia, probabilmente non pienamente e immediatamente compresa, nella portata e nei possibili effetti: il 9 gennaio 2020 l’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità – ha dichiarato che le “autorità sanitarie cinesi” hanno individuato un nuovo ceppo di “coronavirus” mai identificato prima nell’uomo, provvisoriamente chiamato 2019-nCoV e classificato in seguito, ufficialmente, con il nome di SARS-CoV-2. Il virus è associato a un focolaio di casi di polmonite registrati a partire dal 31 dicembre 2019 nella città di Wuhan, nella Cina centrale.

Il 31 gennaio 2020, il Consiglio dei Ministri dichiara lo stato di emergenza, per la durata di sei mesi, in conseguenza del rischio sanitario connesso all’infezione da Coronavirus. Al Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Angelo Borrelli, è affidato il coordinamento degli interventi necessari a fronteggiare l’emergenza sul territorio nazionale. Le principali azioni coordinate dal Capo del Dipartimento sono volte al soccorso e all’assistenza della popolazione eventualmente interessata dal contagio, al potenziamento dei controlli nelle aree aeroportuali e portuali, in continuità con le misure urgenti già adottate dal Ministero della salute, al rientro in Italia dei cittadini che si trovano nei Paesi a rischio e al rimpatrio dei cittadini stranieri nei Paesi di origine esposti al rischio.

L’11 febbraio 2020 l’OMS ha annunciato che la malattia respiratoria causata dal nuovo coronavirus è stata chiamata COVID-19.

L’11 marzo 2020 l’OMS ha dichiarato la “pandemia“. Ora l’Oms ha la possibilità di emanare direttive e inviare équipe specializzate nelle nazioni più colpite (nel rispetto della sovranità), come ha già fatto in Cina, Italia e Iran. Potrà anche adottare nuove misure (in parte già in essere) per far pervenire, ai paesi più colpiti, i necessari presidi sanitari.

L’Associazione DDT CORONAVIRUS, sta raccogliendo le informazioni che, dall’inizio della diffusione del virus, si sono susseguite al fine di collocare temporalmente la nascita del fenomeno. L’individuazione temporale della propagazione del coronavirus e le modalità di diffusione dello stesso concorreranno a chiarire molti aspetti del contagio anche in termini di conseguenze pregiudizievoli che ne sono derivate.

LE RIPERCUSSIONI ECONOMICHE NEGATIVE PER LE AZIENDE ITALIANE

Uno stabilimento tipo di un’azienda italiana

Ad occupare gran parte dell’informazione, giorno dopo giorno, non sono solo i bollettini relativi alla localizzazione e al numero dei contagiati, dei decessi e dei soggetti guariti ma anche quelli relativi all’impatto economico del coronavirus.

Giornalmente vengono proposti, dai media, interventi di esperti di economia che non mancano di evidenziare, tra l’altro, come il coronavirus avrà ripercussioni negative sul PIL nazionale.

Tutti i settori aziendali sono potenzialmente interessati dai pregiudizi negativi derivanti dal coronavirus con la conseguenza che il fenomeno contagioso inciderà, negativamente, sui fatturati delle imprese Italiane.

Si registrano già interventi governativi, e altri sono in fase di studio e attuazione, per attenuare i danni economici derivanti dal coronavirus.

L’Associazione DDT CORONAVIRUS ha messo a punto un sistema di monitoraggio delle iniziative governative e/o di pubblica emanazione in modo da contribuire a fornire alle AZIENDE ITALIANE, e a quanti altri interessati, i necessari riferimenti per l’attivazione degli strumenti (così, ad esempio, quelli di riferimento fiscale, bancari, lavoristici). Non solo, l’Associazione DDT CORONAVIRUS è pronta a sostenere ed affiancare gli interessati per consentire, a quanti danneggiati, di limitare l’impatto negativo del fenomeno.

LA TUTELA DEI SOGGETTI MAGGIORMENTE ESPOSTI: MEDICI, OPERATORI SANITARI, FORZE DELL’ORDINE, VIGILI DEL FUOCO, ecc.

Il simbolo internazionale del soccorso

Le notizie di cronaca hanno rappresentato che il contagio da coronavirus non ha risparmiato soggetti che maggiormente si trovano esposti a fronteggiarlo: medici, operatori sanitari, appartenenti alle forze dell’ordine, vigili del fuoco, senza tralasciare gli appartenenti da altre categorie, pubbliche e/o private e professionali che si trovano in prima linea.

A questi, oltre ad andare il plauso e il ringraziamento della collettività, è stata rivolta particolare attenzione dalla Associazione DDT CORONAVIRUS affinché possano, nella situazione di emergenza, continuare ad operare in sicurezza.

La conoscenza della normativa e delle “raccomandazioni” che sono state emanate dalle Autorità preposte, e una corretta applicazione delle stesse consente, da una parte, di prevenire situazioni pregiudizievoli in capo a detti soggetti e, dall’altra di tutelare le posizioni di soggetti esposti al “maggior rischio”.

IL CONTAGIO NEI LUOGHI DI LAVORO

Alcune iniziative messe in atto, in via d’urgenza, dagli apparati governativi hanno l’espresso intento di limitare la diffusione del contagio.

La diffusione del contagio può avvenire sui “luoghi di lavoro”. Non sempre il datore di lavoro è preparato a fronteggiare le situazioni di emergenza.

L’Associazione DDT CORONAVIRUS sta ponendo particolare attenzione al tema della “sicurezza sui luoghi di lavoro”. La conoscenza (e la conseguente applicazione) delle norme, sia già esistenti, sia, in specie, quelle che vengono specificatamente emanate nel particolare momento di emergenza, consente, in primo luogo, di arginare la diffusione del virus e, in secondo luogo, di non rendersi responsabili direttamente e/o indirettamente delle conseguenze dannose che possano derivare da una errata attività di prevenzione.

TUTELA DELLA PRIVACY

Dopo la diffusione del coronavirus abbiamo assistito a situazioni che non dovrebbero mai accadere. Sui c.d. “social”, quali WhatsApp, Facebook, che dovrebbero essere fondamentali per contribuire, attraverso una corretta informazione, ad arginare la gravità del fenomeno, sono stati pubblicati, nomi e foto di quanti si trovano a vivere momenti difficili per aver contratto il virus. Alcuni sono stati additati addirittura come “untori”.

Vi è il diritto alla riservatezza di quanti sono stati sfortunati nel contrarre il virus. Lo impone la legge.

Tra l’altro, il Garante della Privacy è intervenuto (vedi ordinanza del Garante del 2 marzo 2020) fornendo chiarimenti importanti anche sulle modalità di raccolta dei dati con riferimento al coronavirus: <<l’accertamento e la raccolta delle informazioni relative ai sintomi del coronavirus e alle informazioni sui recenti spostamenti di ogni individuo spettano agli operatori sanitari e al sistema attivato dalla protezione civile, che sono gli organi deputati a garantire il rispetto delle regole di sanità pubblica>>.

L’Associazione DDT CORONAVIRUS sta ponendo particolare attenzione al tema della PRIVACY. Il rispetto delle norme e delle indicazioni del Garante è quanto mai necessario nell’attuale situazione. Danni irreversibili potrebbero discendere dal mancato rispetto della normativa vigente in materia di privacy. Conoscere i propri obblighi (soprattutto da parte di chi si trova a raccogliere e trattare dati particolarmente sensibili, come ad esempio i datori di lavoro) aiuta a prevenire la violazione della normativa. Conoscere i propri diritti consente, a quanti danneggiati, di ottenere la giusta tutela.

LE INIZIATIVE GIUDIZIARIE

Il coronavirus ha già portato la magistratura italiana ad intervenire in diverse direzioni.

Interventi che hanno visto impegnate anche le Forze dell’Ordine.

L’Associazione DDT CORONAVIRUS ha attivato un monitoraggio delle iniziative (si rimanda alla specifica pagina del sito) collegate alla vicenda del coronavirus.

La violazione delle norme (si pensi all’obbligo di non allontanamento dalle zone identificate come “rosse”; all’obbligo di chiusura in determinate fasce orarie di esercizi commerciali, ecc.), specificatamente dettate in relazione alla diffusione del coronavirus, integra non solo ipotesi di reato perseguibili dalla Magistratura ma, concorre, potenzialmente, a determinare l’ulteriore diffusione del fenomeno.

L’Autorità giudiziaria è stata, poi, già interessata da alcune specifiche iniziative da parte di quanti hanno evidenziato in errate condotte altrui l’origine di situazioni dannose.